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Pietro Spirito: Oltre l’automobile

Posted on 27 dicembre 2012

Recentemente, il 18 dicembre, è stato presentato il Ventesimo Rapporto Aci-Censis, titolato “Dove è finita l’automobile. Analisi di una crisi senza precedenti”. Il Rapporto registra dati impressionanti sulla drastica contrazione delle immatricolazioni di nuove vetture in Italia: nei primi 11 mesi del 2012, nei confronti dell’omologo periodo dell’anno precedente, si registra una riduzione del 20%, prolungando il trend negativo già evidenziato nel 2011 (-10,8% rispetto al 2010).

Questi dati devono essere certamente messi in relazione sia con un ciclo precedente di vivace andamento del mercato (dal 2007 al 2011 sono state vendute oltre 10 milioni di automobili in Italia), sia con uno già strutturalmente elevato tasso di motorizzazione privata in Italia (solo il Lussemburgo presenta un indice più elevato di motorizzazione, con 650 vetture per abitante, seguito dall’Italia, con 606 automobili, rispetto ad una media europea pari a 417), sia con l’impatto della crisi economica, che certamente rallenta le scelte di investimento da parte delle famiglie, che devono fronteggiare una riduzione del reddito reale ed aspettative ancora negative sull’immediato futuro dell’economia nazionale.

Inoltre, crescono i costi di gestione delle automobili (con un aumento del 4,5% annuo, per effetto dell’incremento del prezzo della benzina e della dinamica in aumento del costo delle assicurazioni) e si riduce il ricorso alla mobilità privata: il consumo di benzina e diesel è calato mediamente del 10% nel periodo gennaio-ottobre 2012 rispetto all’analogo periodo del 2011.

Sin qui i dati, molto chiari, sulla crisi di mercato dell’automobile, con un andamento in Italia più marcato rispetto a quello degli altri Paesi. Si tratta però di capire se l’andamento sia collegato ad un fenomeno congiunturale connesso alla lunga crisi economica che stiamo attraversando, oppure se si comincino a delineare elementi di natura anche strutturale che possono evidenziare una discontinuità di ciclo sui comportamenti e le scelte di mobilità dei cittadini.

Per la prima volta da diversi decenni a questa parte, in Italia la vendita di biciclette ha superato quella delle automobili. Anche la vendita delle auto usate registra un calo del 10% rispetto al 2011, e si riduce il mercato anche per i motocicli (-19%) e per i ciclomotori (-32%). Inoltre, sono calate del 19% le iscrizioni al Ministero dei trasporti per sostenere l’esame per la patente di guida, con una perdita di quasi 200mila potenziali patentati nuovi.

Cresce invece il numero delle vetture radiate, con un incremento del 3% rispetto al 2011, tanto più rilevante in quanto non collegato, come negli anni precedenti, ad un programma di incentivi per la rottamazione, che aveva costituito lo stimolo per un intenso programma di sostituzione, con effetti positivi sulla qualità del parco in circolazione.

Mentre in Italia di questi temi si discute quasi esclusivamente collegando la contrazione del mercato automobilistico alla crisi economica, si è aperto un dibattito in altri Paesi sui modelli di mobilità, che mette anche in discussione la possibilità che, a valle della ripresa economica che verrà, non si registrerà una ripresa della domanda di auto nuove. Ne discutono due studi recenti promossi dall’Ocse, nella collana di studi pubblicati dall’International Transport Forum (Phil Goodwin, “Peak travel, peak car and the future of mobility” e J.L. Madre, R. Collet, J.T. Villareal, Y.D. Bussière; “Are we heading towards a reversal of the trend for ever-greater mobility“), ed una monografia pubblicata dalla University of the West of England (“A future beyond the car“) .

Sono tre gli scenari possibili che emergono dalla discussione internazionale, che guarda non solo alla crisi dell’industria automobilistica ma ai differenti comportamenti di mobilità da parte dei cittadini, soprattutto nelle grandi aree metropolitane:

1) l’ipotesi della crescita interrotta, in base alla quale il traffico privato continuerà a crescere, alla ripresa economica, sia pure a ritmi meno intensi rispetto ai decenni passati;

2) l’ipotesi della saturazione, in base alla quale le prospettive future sono più orientate ad una stabilizzazione sugli attuali volumi di traffico, e non ad una crescita;

3) l’ipotesi del picco di consumo di automobili (“peak car”), in base al quale si è raggiunto un punto ormai massimo di mobilità privata, che sarà seguìto da un declino di lungo termine nell’uso delle automobili, dovuto ad una complessa combinazione di fattori, di carattere economico, politico, sociale, tecnologico e culturale.

Non è possibile, allo stato degli studi disponibili, determinare in via univoca quale sarà lo scenario prevalente. Tutti gli studiosi sono concordi nel sostenere che, in particolare nelle grandi aree metropolitane dei Paesi di vecchia industrializzazione, cominciano ad emergere comportamenti di consumo sulla mobilità maggiormente riflessivi e consapevoli.

Soprattutto le generazioni più giovani manifestano orientamenti meno propensi verso l’uso e la proprieta’ dell’automobile privata, a partire da un minore interesse a superare l’esame di patente rispetto alle passate generazioni, con orientamenti di consumo maggiormente guidati da principi di rispetto verso l’ambiente e di mobilità sostenibile.

In Italia la discussione sulla discontinuità nei comportamenti di consumo sulla mobilità non ha trovato sinora sufficiente attenzione e spazio di analisi. L’attenzione del dibattito pubblico è prevalentemente concentrata sulla crisi dell’industria automobilistica, sulle scelte del principale player nazionale (che sta giocando un suo riposizionamento sullo scacchiere dei mercati mondiali), mentre poca attenzione si presta alla riconfigurazione dei comportamenti di consumo della mobilità, che possono condurre ad esiti radicalmente differenti nei modelli di organizzazione urbana, negli assetti del trasporto pubblico, nelle scelte di politica dei trasporti da parte delle autorità centrali e degli enti territoriali.

Eppure, anche i dati che emergono dal Ventesimo Rapporto Aci-Censis mostrano proprio i segni di una trasformazione nel modello della domanda di mobilità che andrebbe piu’ attentamente analizzata, per valutarne gli impatti al di là della descrizione degli effetti della crisi economica sul mercato dell’automobile. Ovviamente, le scelte di politica dei trasporti e di politica di assetto urbanistico delle grandi aree metropolitane influenzeranno in modo significativo le tendenze che emergono sul versante della domanda. Sono molte le iniziative di mobilità sostenibile e di contingentamento nell’uso delle auto private all’interno dei centri storici che si stanno mettendo in campo in molti Paesi europei. Forse, anche di questi temi bisognerebbe parlare nella prossima tornata di elezioni nazionali, regionali e comunali in Italia,




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